“Il corpo proprio è nel mondo come il cuore nell’organismo: mantiene continuamente in vita lo spettacolo visibile, lo anima e lo alimenta internamente, forma con esso un sistema” (Merleau-Ponty, 1945:276).
Claudia ha diciassette anni ed è molto irritata nei giorni del ciclo, nessuno le può dare confidenza, finendo per trascorrere quei giorni in solitudine: avverte fitte al basso ventre, il dolore è tremendo, piega in due, fa contorcere, si propaga alla schiena, finisce per bloccarla, grida dicendo che non sopporta questo mal di pancia. Talvolta riesce a trovare sollievo stando seduta o stesa; i medici hanno escluso una causa organica evidente, diagnosticandole la dismenorrea primaria.
Un uomo molto dedito al lavoro Vittorio, o meglio al fare, tanto che da quando è andato in pensione si è dedicato anima e corpo ad una associazione di volontariato: aiuta i disabili nelle attività quotidiane. Per qualche tempo, a suo dire, ha convissuto con il mal di pancia: si era autodiagnosticato una colite nervosa, era giunto a questa conclusione perché stava caricandosi di troppe responsabilità e con l’avanzare dell’età diventava tutto troppo stressante. La situazione lo stava seccando, avvertiva un senso di impotenza che lo rendeva insofferente e sempre più chiuso; l’insistenza dei familiari lo porta dal medico che dopo una serie di indagini e l’evidenza di altri sintomi diagnostica una neoplasia intestinale.
Filippo aveva dodici anni quando ha iniziato a lamentarsi dei mal di pancia, ora ne ha ventotto di anni, ma ancora lo tormentano; i controlli medici effettuati hanno portato a diagnosticare la colite spastica o meglio la sindrome dell’intestino irritabile.  Rammenta che in determinati momenti della vita è stato più insistente il mal di pancia, anche se non ricorda quando, anzi preferisce non considerarlo perché più ci pensa, più sembra avvicinarsi; la convivenza con questo sintomo, come lui riferisce, lo costringe ad eseguire un protocollo terapeutico fatto di farmaci e di alcuni accorgimenti alimentari ogni qualvolta si ripresenta, quasi un rito che si rinnova ogni volta che ricompare, fino a quando non cessa. Il fatto di conoscere il mal di pancia, convivendoci, non gli evita nelle fasi acute di desiderare di asportare la pancia, di buttare via i visceri: usa spesso prima massaggiare la pancia, poi sempre più forte, fino a far diventare la mano una pala che scava per rimuovere qualcosa che è lì che duole.
E’ evidente che i casi descritti presentano un sintomo comune, che però non è indicativo di una patologia determinata, ma il fatto stesso che questo sintomo li tiene insieme permette di leggerlo da diversi punti di vista. Queste persone si sono ritrovate presso il mal di pancia, subendolo ed adottando strategie anche diverse per fronteggiarlo, ma comunque lo hanno vissuto; se provassimo a chiedere loro che cos’è il mal di pancia,  ci risponderebbero “è dolore”, hanno appunto percepito un segnale proveniente dal corpo tale da essere codificato come dolore. In effetti, se solo ci soffermiamo sull’enunciato mal di pancia, partendo dalle parti che lo costituiscono, ci accorgiamo che riguarda qualcosa di cattivo, nocivo, dannoso che “appartiene alla pancia” in un determinato momento, anche se sembrerebbe “passare per la pancia”, ma questo qualcosa di pravo si identifica con la pancia stessa in quanto in quel momento è essa stessa ad essere danneggiata, altrimenti non provocherebbe dolore.
Avvicinandoci presso il mal di pancia avvertiamo dei modi attraverso cui si cerca di affrontare questo male che sta nei visceri e/o per i visceri: 

  • Claudia contorcendosi, piegandosi, cerca di espellerlo-comprimerlo, poi si arrende bloccandosi, evitando di muoversi, lascia in quiete la pancia permettendosi di fare un sospiro di sollievo; la pancia ha  preso il sopravvento su Claudia, questa parte del corpo sta dettando legge, meglio sarebbe dire la mette sotto, la fa soffrire, divenendo quindi sofferenza.
  • Vittorio avverte il dolore ma cerca di relegarlo, non gli da peso in un primo momento, il suo essere una persona del fare lo aiuta nell’iniziale scostamento, facendo uso della distrazione può riposizionarsi presso la quotidianità, cioè “dimentico” del corpo che abita; ma se dolore c’è vuol dire che qualcosa di irregolare nella e/o per la pancia c’è, quindi Vittorio può distrarsi quanto vuole, ma il corpo si fa sempre più sentire, grida. Il corpo da abitato si rivela abitante che prende la scena, dandosi da fare costringendolo a subire, facendo  vivere a Vittorio  il corpo con sofferenza.
  • Filippo affronta il dolore quando sopraggiunge, così come va fatto, così come gli è stato prescritto; nei periodi che non ha mal di pancia evita perfino di parlarne, ma nei momenti i cui si fa vivo il mal di pancia non può fare altro che seguire le indicazioni terapeutiche;  è come se in determinati periodi  si ritrovasse costretto ad ospitare una persona e dovesse da un lato cedere spazio nella propria abitazione, dall’altro subirne la presenza, finendo si per accettare la con-vivenza ma anche per desiderarne la fine; si trova quindi nella situazione in cui una parte del corpo mostra d’essere co-abitante di quel corpo, costringendo Filippo, essendo parte di quel corpo da cui non può prescindere, ad obbedire, non potendo fare altro che sotto-stare, quindi soffrirne.

Per vedere il mal di pancia dobbiamo solo stare presso quella persona che lo sta provando, lasciandoci colpire talvolta da lamenti striduli, talune volte da corrugamenti del viso, talora da tentativi di dissimulazione. In questi momenti per l’osservatore affiora sempre il ricordo di un mal di pancia avuto, quasi nella speranza di volerlo capire o meglio compatire, dissuadendoci; forse si è sempre troppo vicini per vedere quanto accade in quel momento, figuriamoci se tentassimo di farlo nel momento in cui si presenta a noi stessi.
Il dolore è qualcosa che si vive nel mal di pancia, infatti, in-vade la persona che lo esperisce; questo qualcuno non deve pre-vederlo altrimenti non si accorgerebbe che qualcosa di quel corpo che abita ed è abitato sta “andando a male”, può solo bloccarlo, prima che prenda forma e consistenza così come accade quando si cronicizza, divenendo esso stesso quel nel corpo che “va a male”.
Nel mal di pancia l’in-vadente dolore, che parte dalla pancia, si lascia cogliere altrove: l’esperienza di assistere a questo fenomeno induce a vedere come il mal di pancia si irradia dal corpo al corpo, ed in questo caso dei visceri all’espressioni del viso che meglio si lasciano leggere; questo attraversamento finisce per dovere essere portato, mettendo sotto, lasciando notare la per-vadente sofferenza, che è nel mal di pancia.
Il mal di pancia non può prescindere dall’in-vadere e dal per-vadere, è un moto continuo che sta nella pancia, ma allo stesso tempo lo attraversa; quindi non è “dolore e sofferenza” ma “dolore è sofferenza”: il soggetto “dolore” in questo caso particolare trova nel complemento “sofferenza” quella aggiunta per poter permettere di andare ad una prossimità maggiore del fenomeno mal di pancia.
Giunti a questo punto siamo riusciti a renderci conto, soffermandoci sul male della pancia come dolore che è sofferenza, in che modo questo male è una della possibilità della pancia.
La parola pancia è usata in luogo del ventre o addome, è il contenitore dello stomaco e dell’intestino,  che a loro volta sono i visceri dell’addome, quelle parti interne, molli e viscose del corpo.
La manifestazione del mal di pancia ci ha fatto soffermare sul “dolore nella pancia” e sulla “sofferenza per la pancia”, senza però farci allontanare dal darsi di quel male della pancia. La pancia luogo che contiene le interiora umane, ma anche ciò che dall’esterno è ingerito; pancia termine usato in maniera informale per indicare nelle navi la struttura che contiene sia alcune parti sia ciò che viene trasportato; per chi come noi cerca di adoperare il metodo fenomenologico, indica la pancia come il luogo entro cui e per cui sentiamo ciò che si dà in vista:  “sentire di pancia”.
Pancia: contenitore che contiene parti del corpo ed è contenuto dal corpo, proprietà costituente e costitutiva del corpo, struttura che da forma e sostanza al corpo.
Il darsi della pancia nel modo del “dolore che è sofferenza” induce l’occhio dell’osservatore a guardare negli scomparti della memoria, cercando di individuare quale arcano mistero si cela, soprattutto quando si è di fronte all’interpretazione del singolo caso:

  • In Claudia il fenomeno mal di pancia è come se fosse un “segnale” di quel passaggio epocale all’età adulta e, la strategia ripartiva messa in atto come se fosse un modo di “ancoraggio – disancoraggio” dall’età precedente.
  • In Vittorio il mal di pancia è come se stesse lì a “rendere evidente” quello che da lì a poco la diagnosi avrebbe annunciato e, il sistema dissuasivo messo in atto come se fosse un modo di “nascondere – mostrare” quello che si è divenuto.
  • In Filippo questo fenomeno è come se fosse un “allontanarsi” da quel che si sta facendo e, le tattiche correttive messe in atto come se fossero un modo di “trattenere – espellere” quello che si teme.

Il passaggio dal guardare i singoli casi alla visione del fenomeno mal di pancia, non può prescindere da essi, divenendo sempre più evidente del come si dà: come un fuori andando: come modo e-vadente dall’in-vadenza che è per-vadenza del corpo sul corpo.
Il mal di pancia mostra l’unione che da sempre e per sempre esiste tra corpo-oggetto (körper) e corpo vissuto (lieb), di come l’ignoto corpo-oggetto si fa sentire come un modo d’essere dell’irreale corpo vissuto.

Bibliografia

Giuseppe Ceparano & Giorgia Tisci (30 settembre 2011)

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